Partito dei Giovani (P.d.G.)

Finalmente è nata una forza giovane che vuole rinnovare il paese e sostituire l'attuale gerontocrazia che soffoca l'Italia.

Vday

giovedì 26 giugno 2008

PIANO B (ULTIMA PARTE)


" (...) Una delle domande che mi sono fatto mentre lavoravo al Piano B è stata: con quale velocità possiamo ristrutturare l'economia globale se dovesse diventare importante per noi farlo? Per averne un'idea, guardo indietro e rimpiango una parte della storia economica della seconda guerra mondiale; in modo particolare ho letto un testo del Presidente Roosevelt (Discorso sullo stato dell'unione, 6 gennaio 1942), pronunciato un mese dopo che i giapponesi attaccarono Pearl Harbour, il 7 dicembre 1941.
In questo discorso Roosevelt espone i suoi obiettivi, gli obiettivi per la produzione di armi per gli Stati Uniti: "Produrremo 45.000 carri armati, 60.000 aeroplani, 20.000 pezzi di artiglieria e 6 milioni di tonnellate di navi". Nessuno aveva mai sentito cifre come queste in precedenza, ma ciò che lui e i suoi colleghi in amministrazione capirono era che in quel periodo la grande concentrazione del potere industriale nel mondo apparteneva all'industria automobilistica americana. Così dopo il suo discorso convocò i dirigenti delle industrie e disse loro: "Poiché voi rappresentate una fetta così grande della nostra capacità industriale, dipendiamo fortemente da voi per raggiungere questi obiettivi nella produzione delle armi". E loro dissero: "Bene, Signor Presidente, faremo tutto il possibile, ma sarà duro produrre sia le armi che le macchine", e lui disse: No, non avete capito: proibiremo la vendita delle macchine private negli Stati Uniti". Dall'inizio dell'aprile del 1942 fino alla fine del 1944, per quasi tre anni non venne prodotta nessuna automobile negli Stati Uniti. E non ci volle molto per la riorganizzazione, una questione di mesi per passare dalla costruzione delle macchine a quella di carri armati. E alla fine superammo tutti gli obiettivi di produzione di armi. L'economia fu totalmente e molto velocemente riorganizzata; lo facemmo perché avevamo paura. Mentre scrivevo il Piano B, ho dato uno sguardo al budget impiegato dagli Stati Uniti per la nostra difesa – credo fosse il budget del 2002, prima della guerra in Iraq –. Era di 343 miliardi di dollari. Il budget americano per la difesa superava le spese militari di tutti i nostri alleati messi insieme, più la Russia, più la Cina.
Un ammiraglio in pensione diede uno sguardo a questi numeri e disse: "Per 40 anni abbiamo fatto la corsa al riarmo contro l'Unione Sovietica, ora facciamo la corsa al riarmo contro noi stessi".
E credo che uno dei motivi per cui ci troviamo in difficoltà in Iraq sia perché abbiamo pensato che il potere militare potesse fare quasi tutto, mentre ci sono un sacco di cose che il potere militare non può fare, come credo che ora stiamo imparan-do. Se avevamo un progetto di difesa di 343 miliardi di dollari più un budget di 17 miliardi per il Dipartimento di Stato e per i programmi di aiuto, si arriva ad un totale di 360 miliardi di dollari all'anno, per la politica estera. Ora se dessimo uno sguardo a quel budget come se potessimo decidere come spenderlo, ci tro-veremmo di fronte alla domanda: "Come possiamo dividere questi 360 miliardi di dollari tra le spese militari e lo sradicamento della povertà, la scuola primaria universale, l'assistenza sanitaria di base per le persone, programmi scolastici e cibo dove ce n'è bisogno? come dividereste voi questi 360 miliardi?". Penso che ogni persona di buon senso li dividerebbe in modo diverso da co-me viene fatto adesso: 343 per le spese militari contro 17 per tutto il resto.
Cosa accadrebbe se facessimo metà e metà? Avremmo comunque il budget militare più grande al mondo. E pensate a tutte le cose che si potrebbero fare con 180 miliardi di dollari all'anno. Questa è la sfida. Io credo che la nostra priorità sia fuori sincronia con i problemi che stiamo ora affrontando nel mondo, sia la povertà che i cambiamenti climatici, che la scomparsa delle falde acquifere o qualsiasi altra cosa. Penso che ci sia bisogno di ripensare in modo molto radicale alle cose.
L’11 settembre 2001 mi trovavo a New York, ero li per un'intervista durante il pranzo, con il «New York Times» per parlare del mio libro Eco-economia, costruire un'economia per la Terra.
Quell'intervista non è stata mai fatta. E ciò che mi è venuto in mente è che Osama Bin Laden e i suoi colleghi sono riusciti a distogliere la nostra attenzione dalle tendenze ambientali che stanno minacciando il nostro futuro: scomparsa delle falde acquifere, aumento delle temperature, deforestazione, collasso della pesca ecc.
Se Bin Laden è riuscito a fare ciò, lui e i suoi colleghi possono raggiungere i loro scopi, per ragioni che non avevano mai immaginato.
Esistono altri problemi oltre al terrorismo, la sicurezza alimentare è uno di questi. Penso che avrà un effetto enorme sul gravi entro le prossime decine di anni. Credo che siano molto più vicini adesso di quello che la gente possa pensare, ed è per questo che parlo della situazione alimentare entro i prossimi due o tre anni, perché quando oltrepassiamo una certa soglia, allora le cose possono accadere molto velocemente. Pensate alla caduta del muro di Berlino nel 1989; potete cercare negli archivi di scienza politica degli anni Ottanta e non troverete un solo articolo che parli della possibilità del grande cambiamento che sarebbe arrivato nell'Europa dell'Est e che è consistito essenzialmente in una rivoluzione politica senza spargimento di sangue, con alcune eccezioni.
Tutto ciò non era stato previsto, ma improvvisamente abbiamo attraversato la soglia sociale ed ogni cosa ha iniziato a cambiare. Questo può accadere anche all'ambiente.
Una delle debolezze della civiltà moderna è ciò che qualcuno chiama "riduzionismo". Visto il modo in cui le conoscenze avanzano nel mondo accademico, le riflessioni più accurate diventano sempre più particolari e specialistiche. Per esempio, avevamo gli economisti, adesso abbiamo l'economia agricola, e nell'ambito dell'agricoltura abbiamo: produzione, produzione agricola, produzione di economia, marketing dell'agricoltura, anche economia del trasporto in agricoltura. Quindi il nostro sta diventando un mondo molto frammentato. Ma il problema è che i frammenti sono enormi. Pensate alla questione del cibo. Quando sono entrato nel Dipartimento Americano
dell'Agricoltura, nel 1959, la sicurezza alimentare dipendeva da una politica che riguardava la terra coltivabile che l'America lasciava fuori dalla produzione. Se il mercato mondiale cominciava a stringere e i prezzi iniziavano a salire, portavamo semplicemente un po' della terra coltivabile inattiva nuovamente in produzione. Era un mondo semplice. Oggi, innanzitutto non abbiamo più quella terra coltivabile inattiva. Ma oltre a questo, le decisioni prese oggi nei ministeri per l'Energia che influiscono sul clima possono avere un effetto maggiore a lungo termine sulla sicurezza alimentare, rispetto alle decisioni prese dal ministero dell'Agricoltura. Bene, considerate i trasporti: l'ipotesi è che in Cina avranno un'economia centrata sull’automobile come in Italia o negli USA. Ma quando si pensa alla Cina con una macchina in ogni garage, si capisce che lastricheranno una gran parte del paese, solo per parcheggi, vie, strade e autostrade. È un'interessante sorta di dicotomia tra consumatori ricchi che comprano le automobili che competono con i consumatori a basso reddito che comprano il cibo, ed entrambi
competono per la stessa terra. Se dovessi organizzare una conferenza mondiale sulla sicurezza mondiale alla FAO oggi, inviterei non solo i ministri dell'Agricoltura ma anche i ministri dell'Energia,dei Trasporti, delle Risorse idriche, e ovviamente quelli della Pianificazione familiare e della Salute. Perché hanno tutti un ruolo importante da svolgere. Il mondo sta diventando molto più complesso, per cui dobbiamo guardare l'immagine complessiva per poter capire cosa dobbiamo fare a livello locale. Un altro esempio della complessità dei problemi è legato all'uso energetico della biomassa. In Europa sta prendendo largamente la forma del bio-diesel, attraverso vari oli vegetali; infatti c'è un programma di utilizzazione di terreni agricoli per la produzione di semi oleaginosi per produrre il diesel. Negli Stati Uniti, invece, stiamo usando circa 30 milioni di tonnellate di mais per produrre etanolo. Ma credo che queste siano attività a breve termine, non credo dureranno.
Lasciatemi fare un esempio. Se voi foste un agricoltore dell'Iowa del Nord, dove ci sono terre molto produttive, potete utilizzare un acro di terra e affittarlo agli impianti eolici.
Un agricoltore normalmente ottiene 3.000 dollari l'anno per un quarto di acro. Quella turbina eolica genera 100.000 dollari all'anno, forse anche più ora con le nuove tecnologie. Il mais prodotto su quel quarto di acro varrà forse 100 dollari, 100 dollari contro 100.000 dollari. Ho citato questo esempio particolare solo per dire che la raccolta meccanica di energia è infinitamente più efficiente della raccolta biologica dell'energia.
Se guardate ad un raccolto di mais nel Mid-West degli Stati Uniti durante la stagione della coltivazione, il raccolto di mais convertirà l'1,5% della luce solare in energia biochimica. Non è molto. Oggi, stiamo vincendo una battaglia qui e una là, un nuovo progetto qui, una nuova politica di governo là. Ma perderemo la guerra di sicuro, non ci sono dubbi al riguardo: stiamo perdendo la guerra. Penso si debba fare qualcosa di più, perché abbiamo poco tempo. Io prevedo che ci sarà un drammatico aumento nei prezzi alimentari.
E ci accorgeremo che non possiamo più ignorare la relazione tra l'economia globale e l'ecosistema dal quale dipende. E quella relazione si sta deteriorando molto rapidamente. Posso riportare alcuni fatti riguardo la desertificazione in Cina, per esempio. Ho nel mio ufficio un libro di fotografie sulla desertificazione in Cina.
Tutte le foto sono state scattate da un fotografo in pensione per far crescere la consapevolezza in Cina sulla desertificazione. C'è una foto di un gregge di capre mohair molto preziose. Ma c'è così poca vegetazione ora, e le capre hanno tanta fame di proteine, che pascolano l'una sull'altra, mangiando la lana delle altre capre, e sono letteralmente nude, non hanno niente addosso. Questa immagine mi trasmette il tipo di problema che sta iniziando a svelarsi, che riguarda la desertificazione, l'aumento delle temperature, la scomparsa delle falde acquifere. Intendo dire che non si può continuare così a lungo e queste tendenze non possono continuare in questo modo senza portarci a gravissime conseguenze. Credo che adesso ci stiamo avvicinando a questo limite."

Etichette: , , ,

...torna indietro

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]



<< Home page