Partito dei Giovani (P.d.G.)

Finalmente è nata una forza giovane che vuole rinnovare il paese e sostituire l'attuale gerontocrazia che soffoca l'Italia.

Vday

lunedì 28 maggio 2007

MONNEZZALANDIA


La Campania affoga nei rifiuti.
Un’emergenza lunga 13 anni, fatta di una gestione commissariale straordinaria che non ha risolto un bel nulla, sperperando un impressionante montagna di denaro mentre la situazione continuava ad aggravarsi inesorabilmente: dal 1997 al 2005 sono stati spesi 856 milioni di Euro e, contemporaneamente, è maturato un debito pari a 558 milioni (Relazione Corte dei Conti), ma in Campania, tuttora, il ciclo dei rifiuti è ancora aperto con la parte centrale di esso, gli impianti di selezione del rifiuto indifferenziato, congestionata dalla mancanza, a monte, della raccolta differenziata e, a valle, dei termovalorizzatori.
L’emergenza ha assunto il carattere della cronicità endemica, che non trova riscontro in alcuna altra realtà locale d’Europa e che non è degna di un Paese civile.
In questi giorni lo spettacolo delle strade del napoletano e del casertano invase dai cumuli di rifiuti rappresenta una vergogna per tutta l’Italia e per la sua immagine internazionale: aver consentito ai Campani di gestire “a modo loro” il problema rifiuti, divorando una tale mole di risorse pubbliche è una colpa gravissima del governo nazionale.
I cittadini che si sono sempre disinteressati al differenziamento dei rifiuti, ora esasperati dal cattivo odore e dai ratti che banchettano tra la monnezza, nottetempo ricorrono all’incenerimento fai da te, appiccando il fuoco ai rifiuti la cui combustione sprigiona, in maniera incontrollata, la tanto famigerata diossina, a causa della quale gli stessi cittadini “piromani” non vogliono vicino a sé gli impianti di incenerimento. Un vero paradosso tutto partenopeo.
Abbiamo chiesto ad una giovane laureata di Sant’Anastasia (NA) con una formazione ambientale, emigrata a Milano e simpatizzante del Partito dei Giovani, il suo parere sulla situazione e sul perché a Napoli e dintorni non si separi, almeno, la frazione organica responsabile poi del cattivo odore durante queste fasi acute dell’emergenza.
Per la cronaca in Campania esistono Comuni che realizzano il 60% di raccolta differenziata… questo solo per fugare certi luoghi comuni.
Detto questo, se avessi la risposta alla vostra domanda sarei arrivata all’apice della mia carriera o forse sarei morta uccisa dalla Camorra… non lo so!
Quello che penso, però, è che in questa fase bisognerebbe porsi degli obiettivi più bassi di quelli della soluzione strutturale che si intreccia con problemi anche più grandi come quello della criminalità “organizzatissima”!.
Su scala locale, i comuni possono attuare politiche ed iniziative che possono quanto meno garantire a i propri abitanti strade pulite: qualcuno lo fa e ci riesce come il Comune di Mercato San Severino (SA).
A Sant’Anastasia abbiamo fondato il Comitato Cittadino, raccolto le firme e fatto approvare il progetto dell’Isola Ecologica… ma credo che il tutto sia stato magicamente legato al fatti che ci sono le elezioni comunali il prossimo sabato.
Resta il fatto che noi eredi di Masaniello non siamo poi così abituati a far sentire la nostra voce: si incatenano contro la discarica, ma si tengono la spazzatura per strada.
Credo che se ci fosse una seria mobilitazione dal basso qualche risposta più seria delle solite cazzate che dicono dovrebbero darla anche i Signori del governo…
Non basterebbe, ma sarebbe un incentivo per smuovere le cose
”.
continua...

mercoledì 9 maggio 2007

VIVE LA FRANCE!


Il nuovo presidente della Repubblica Francese è Nicolas Paul Stéphane Sarközy de Nagy-Bocsa (classe 1955, profilo), leader del partito Ump (Unione per un movimento popolare), che ha sconfitto al secondo turno la candidata socialista Ségolène Royal (classe 1953, profilo) conquistando il 53,06% dei voti (speciale elezioni francesi).
Due politici sotto i 55 anni, nettamente schierati e contrapposti, si sono contesi la poltrona dell’Eliseo, la massima carica politica di Francia, ed una di essi era una donna: entrambi hanno mostrato grande attenzione verso il crescente mal contento che da alcuni anni caratterizza la società francese (
il programma di Sarközy), fattore che ha ridotto il voto di protesta verso l’estrema destra e l’estrema sinistra, riconducendolo in parte nell’alveo della normalità democratica.
Queste elezioni sono state caratterizzate, prima di tutto, dal ritorno prepotente della politica e della massiccia partecipazione dei giovani: quello che ha modificato completamente la situazione è stata l'altissima affluenza alle urne (84,61% al primo turno ed 84,83% al secondo) dei francesi che hanno mostrato un interesse, una passione, un entusiasmo che contrariamente a quello che il luogo comune poteva suggerire non è andato a vantaggio della sinistra.
È un elemento fondamentale, straordinario, perché significa che la democrazia partecipativa non è morta, e non bisogna dar conto ai soliti soloni che parlano di una sua trasformazione in senso demagogico.
L'affluenza alle urne nel paese che affermò l'universalità dei diritti civili è stato senza dubbio un fatto positivo ed un sospiro di sollievo, perché ha ridotto il peso e l’importanza del voto delle frange estreme.
Una bella lezione di democrazia da un paese che sembrava in preda ad un crisi di identità senza uscita, una grande iniezione di fiducia per chi crede nella politica e nella possibilità di rinnovare le idee e i progetti con cui si chiede il voto.
Queste elezioni sanciscono anche la fine della carriera politica del dinosauro Jean-Marie Le Pen (classe 1928,
profilo), da decenni leader dell’estrema destra francese, che nelle passate presidenziali del 2002 ottenendo il 16,86% al primo turno, arrivò clamorosamente secondo davanti al candidato socialista Lionel Jospin. Al secondo turno ottenne il 17,94% e venne sconfitto da Jacques Chirac (appoggiato da tutta la sinistra francese mobilitatasi contro il pericolo "fascista"), ma fu il grande vincitore morale di quelle elezioni.
Il vento di novità che è arrivato in Francia rende ancora più geriatrico lo sconfortante panorama politico italiano.
Nell’inverno del 1993 Silvio Berlusconi
(biografia) fece la sua discesa in campo all’età di 57 anni, vincendo nel marzo del 1994 le elezioni politiche contro la gioiosa “macchina da guerra” progressista, guidata dal coetaneo Achille Occhetto.
Nel 1996 l’allora cinquantasettenne Romano Prodi
(biografia) fu scelto come leader del centro-sinistra, vincendo le elezioni politiche e diventando Presidente del Consiglio.
Trascorsi 10 anni (nei quali la classe politica è diventata una vera e propria casta), alle elezioni del 2006, i due contendenti erano sempre Berlusconi e Prodi, che nel frattempo avevano raggiunto rispettivamente l’età di 70 e 67 anni.
Dietro di loro una serie di ex giovani della politica, parcheggiati da un decennio nel ruolo di secondi del “vorrei, ma non posso”:
Gianfranco Fini (55 anni), Pierferdinando Casini (52 anni), Massimo D’Alema (58 anni), Piero Fassino (48 anni), Francesco Rutelli (53 anni), Alfonso Pecoraro Scanio (48 anni), Enrico Boselli (50 anni).
Anagraficamente più giovani dei loro leader, ma vecchi nello spirito e nelle idee tanto quanto loro: parlano lo stesso antiquato e stantio linguaggio, lontani dalla gente e dai suoi problemi, incapaci di recepire le istanze di modernità e rinnovamento delle fasce più giovani del paese.
Nel 2006, dulcis in fundo, viene eletto presidente della Repubblica Italiana
l’ottuogenario Giorgio Napolitano
(biografia), ruolo per il quale il centro-destra aveva proposto un altro “evergreen”, il senatore a vita Giulio Andreotti (classe 1919, biografia).
Chi ironizza, anche fra gli stessi giovani “servi schiocchi” del sistema, sulla necessità di un partito che spinga per il cambiamento sostanziale ed il ricambio generazionale della classe politica e dirigente dell’Italia, mediti…
continua...