Partito dei Giovani (P.d.G.)

Finalmente è nata una forza giovane che vuole rinnovare il paese e sostituire l'attuale gerontocrazia che soffoca l'Italia.

Vday

venerdì 26 gennaio 2007

AVANTI TUTTA CON LE LIBERALIZZAZIONI


La segreteria del Partito dei Giovani esprime un giudizio più che positivo sul 2° pacchetto di liberalizzazioni (Corriere) approvato ieri dal Governo e, fortemente, voluto dal ministro dell’Economia Pier Luigi Bersani, che si aggiunge ad i provvedimenti del 1° pacchetto, già in vigore dal luglio del 2006 (Altalex). Più mercato, più concorrenza", è la ricetta giusta. Finalmente la politica dimostra quel coraggio che è necessario, talvolta, avere per favorire l’interesse generale di una Nazione, anche se può cagionare, nel breve periodo, una perdita di consenso elettorale.
Si riequilibra la bilancia a favore del cittadino e del consumatore che da troppi anni subiva le conseguenze e le ingiustizie di un sistema “bloccato” dai privilegi di casta, fonte di odiose ed inaccettabili rendite di posizione.
Una serie di provvedimenti che riallineano l’Italia ai paesi europei più sviluppati, rendendo la vita di tutti i giorni più semplice e meno costosa.

Molto importante è l’eliminazione di alcune barriere all’accesso dei giovani alle attività economiche, che libererà la dirompente e decisiva energia giovanile, fino ad ora compressa da un sistema vecchio ed arretrato.
Il pacchetto di liberalizzazioni è un provvedimento molto coraggioso di modernizzazione del sistema economico italiano che colpisce i privilegi consolidati di tante categorie contrarie, per forma mentis, alla concorrenza. La reazione delle categorie “liberalizzate” non si farà attendere ed, infatti, i primi a scendere istantaneamente sul piede di guerra sono le associazioni di categoria dei benzinai (Clicca qui), segno che il pacchetto “Bersani” intacca concretamente gli interessi egoistici di categorie e potentati economici.
Il P.d.G invita il Governo a tenere duro e procedere, senza indugio, lungo la strada della modernizzazione del Paese.
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martedì 16 gennaio 2007

PETROLIO, CARBURANTI E CIP-6


Negli ultimi mesi il prezzo del petrolio è sceso fino a 53 dollari al barile, ma il prezzo di benzina e gasolio è rimasto praticamente immutato, se si eccettua qualche ritocco millesimale!!! E’ quantomeno curioso che il prezzo dei carburanti sia elastico se la variazione, legata al costo del greggio, è positiva e sia rigido se tale variazione è negativa. Ed è altrettanto sorprendente che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non abbia mai indagato a fondo sulla questione, come richiesto dalle Associazioni dei Consumatori.
Per molto tempo i petrolieri hanno giustificato il prezzo alto dei carburanti con l’eccessiva frammentarietà della rete distributiva, caratterizzata dalla presenza di troppi piccoli distributori nelle aree urbane, i cui introiti sono legati esclusivamente alla vendita dei carburanti e, residualmente, dei lubrificanti. Negli ultimi 10 anni si è assistito alla dismissione di molti piccoli distributori sostituiti da aree di servizio dotate di autolavaggio, officina per il cambio olio, shopping-bar, eppure il prezzo è continuato a salire.
Anche l’installazione capillare dei distributori automatici self-service (anche diurni), la cui scarsa diffusione, in passato, era un altro alibi ricorrente dei petrolieri riguardo l’alto prezzo dei carburanti, non è servita a calmierare, in maniera significativa, i prezzi.
La verità è che, pur essendoci una pluralità di aziende petrolifere, il mercato dei carburanti si connota per l’assenza di concorrenza sul prezzo: la competizione si limita alle campagne promozionali delle raccolte a punti o ai concorsi a premio, ai quali la maggior parte dei consumatori preferirebbe sconti significativi alla pompa.
Il settore aspetta da anni una liberalizzazione con la possibilità di installare stazioni di rifornimento con insegna della Grande Distribuzione Organizzata nel parcheggio dei Centri Commerciali, come avviene in molti paesi europei, che garantiscono prezzi di 7-10 centesimi inferiori al prezzo medio nazionale. Ovviamente queste installazioni sono osteggiate dai “benzinai” e dalle loro associazioni di categoria, come è oramai costume in Italia quando si cerca di liberalizzare e modernizzare qualche settore “protetto”, introducendo delle novità a vantaggio del consumatore
A tutta la vicenda si aggiunge un aspetto che pochi cittadini conoscono, ma che è vergognoso e per il quale l’Unione Europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.
Nel 1992 il governo decise di agevolare, con l’accordo CIP-6 (Comitato Interministeriale dei Prezzi), la costruzione di impianti di energia prodotta da fonti rinnovabili (energia solare foto-voltaica, idroelettrico di piccole dimensioni, eolico, piccole centrali a biomasse da coltivazioni/produzioni agricole e da scarti agricoli - vegetali, geotermia) garantendo di acquistare (all’epoca tramite Enel al quale è subentrato, nel 1999, il Grande Gestore della Rete Nazionale) l’elettricità a un prezzo più alto, il doppio e in alcuni casi il triplo, e destinando alla collettività, attraverso le bollette (voce A3), l’onere del sostentamento dell’energia pulita .
All’ultimo momento, sotto pressione delle lobby industriali, questa opportunità fu estesa anche a un numero limitato di altre centrali che utilizzavano fonti definite “assimilate”, e che di rinnovabile non hanno nulla ovvero gas, carbone, olio combustibile pesante (Tar) e rifiuti. Tutti combustibili inquinanti ed a forte emissione di anidride carbonica (CO2), principale gas ad effetto serra responsabile del cambiamento climatico.
L’olio combustibile pesante è una pece semi solida, scarto della lavorazione del petrolio, che invece di essere utilizzato per produrre il meno conveniente bitume, viene gassificato, irrorato di ossigeno e bruciato, nelle centrali di Sarroch in Sardegna, di Falconara Marittima nella Marche e Priolo Gargallo in Sicilia (di proprietà delle principali famiglie italiane di petrolieri), per generare energia elettrica da rivendere al GRTN. Il Tar è altamente inquinante, molto più del metano, di solito utilizzato nelle centrali elettriche: oltre alla CO2, agli ossidi di azoto ed emissioni varie, a fine anno la combustione lascia centinaia di tonnellate di scarti tra zolfo e concentrati di metalli, come il vanadio e il nichel. Da quindici anni gli italiani pagano anche il 10% in più in bolletta pensando di contribuire alla diffusione di energia rinnovabile e pulita ed, invece, l’80% di questi contributi (30 miliardi di Euro dal 1992 ad oggi) finanzia fonti energetiche inquinanti che, ancor più grave, non sarebbero nemmeno economicamente convenienti, senza questo meccanismo d’incentivazio.
Oggi il meccanismo Cip-6 è stato superato da quello dei certificati verdi nato nel 1999, che non prevede fonti “assimilate”, ma le convenzioni stipulate nel passato sono ancora per la maggior parte attive e lo rimarranno ancora per anni. Riguardo agli impianti che bruciano olio combustibile si parla, soltanto per il 2005, di utili derivanti dal meccanismo del Cip-6, superiori ai 300 milioni di Euro.
Un fiume di denaro che i petrolieri si sono, ovviamente, ben guardati da utilizzare come riserva per calmierare il prezzo dei carburanti nei momenti di tensione nell’offerta del petrolio.
A rimetterci, come al solito, sempre e solo il cittadino.
Sul finire dell’anno, durante il “delirio” emendativo per l’approvazione della FINANZIARIA 2007, stava per arrivare dal Senato, nella confusione degli ultimi giorni dei lavori, l’ennesimo regalo ai grandi gruppi industriali: il testo originario, presentato dai senatori Loredana De Petris (Verdi) e Tommaso Sodano (PRC), che destinava gli incentivi (diventati straordinari e residuali rispetto alle vere fonti rinnovabili) per gli impianti alimentati da fonti assimilabili soltanto “a quelli già realizzati e operativi” era stato all’ultimo minuto (la storia si ripete) cambiato con la nuova formulazione “incentivi agli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione”, rimettendo così in gioco decine di impianti previsti soltanto sulla carta.
Grazie ad Internet, eccezionale strumento d’informazione veramente libera perché non controllabile, ed al BLOG di Beppe Grillo, si è creato un movimento spontaneo di migliaia di cittadini indignati che tempestando di e-mail l’ufficio di Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Presidente del Senato Franco Marini, sembra esser riuscito a bloccare l’operazione. Per una volta l’indignazione popolare ha sortito effetto in questo paese disastrato qual è l’Italia che si ribella sempre meno alle ingiustizie
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venerdì 12 gennaio 2007

TRASPORTI ED AMBIENTE


Il Partito dei Giovani rivendica una matrice fortemente ambientalista e pone come valori fondamentali l’equità intergenerazionale e la qualità di vita: i giovani hanno diritto a vivere e crescere i propri figli in un mondo non compromesso dal punto di vista ambientale.
Il tradizionale concetto di crescita economica legata all’aumento quantitativo del PIL è un retaggio del XX secolo che ha condotto il pianeta Terra sull’orlo del baratro, con un consumo smodato e scellerato delle risorse naturali ed un inquinamento sempre più massiccio.
Non è più tempo di dichiarazione d’intenti, bisogna agire immediatamente e cambiare il modello di sviluppo delle nazioni industrializzate ed in via di industrializzazione, conciliando le esigenze della produzione di ricchezza con quelle della sostenibilità sociale ed ambientale. Da questo punto di vista, l’Italia è ferma alla preistoria, condizionata da lobby industriali che guardano soltanto alla contingenza ed ai profitti immediati, trincerandosi ostinatamente nella difesa dello status quo: mai nessuno slancio innovativo, mai pionieri in nulla.
Il settore del trasporto privato continua ad essere considerato come trainante dell’economia del paese, anche se da tempo il numero di veicoli è divenuto insostenibile per le strade delle nostre città, divenute “cimiteri” di lamiera e gomma.

La Legge Finanziaria 2007 ha portato delle novità interessanti sul mondo del trasporto privato, incentivando il rinnovo del parco circolante con veicoli più “rispettosi” dell’ambiente (http://www.quattroruote.it/news/articolo.cfm?codice=66822).
Basteranno gli incentivi ad eliminare, finalmente, dalle strade i vecchi “catorci” Euro 0 ed 1? Escludendo dal discorso i pochi veicoli storici, la maggior parte di questi veicoli sono di proprietà delle classi sociali più povere, che non dispongono di adeguate risorse finanziarie per acquistare un veicolo nuovo e gli incentivi statali da soli non sarebbero stati, comunque, sufficienti per spingere all’acquisto. Fortunatamente le case automobilistiche stanno offrendo dei maxi incentivi aggiuntivi (fino a 4000 Euro) alla rottamazione, che rendono l’acquisto di un nuovo veicolo decisamente conveniente.
Come giudicare questi provvedimenti sul piano della salvaguardia ambientale? Si è voluto dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, cercando di contemperare le esigenze dei costruttori con quelle della riduzione delle emissioni derivanti dall’attuale tecnologia dominante (concettualmente risalente alla fine del XIX secolo) cioè il motore a scoppio alimentato da combustibili fossili ottenuti dalla raffinazione del petrolio. Finché non si opterà, con priorità assoluta, per una tecnologia di propulsione innovativa (veicoli ibridi, veicoli elettrici a batteria o ad idrogeno) da riversare rapidamente nella produzione di massa, il problema delle emissioni dei veicoli tradizionali rimarrà di difficile soluzione, considerato l’inarrestabile trend di crescita del numero dei veicoli circolanti.
E’ necessario chiarire, poi, un aspetto fondamentale che spesso rappresenta fonte di equivoco ovvero la differenza tra emissioni di sostanze inquinanti e climalteranti.
Le prime sono nocive per la salute umana, mentre le seconde provocano il riscaldamento del pianeta (effetto serra) con conseguenze disastrose sul clima che si ripercuotono pesantemente sull’economia.
Le norme di omologazione stabilite dalla Legislazione Europea, fino ad ora, c’entrano poco o nulla con le emissioni di anidride carbonica, il più diffuso gas ad effetto serra: ridurre, infatti, le emissioni di inquinanti atmosferici (monossido di carbonio CO, ossidi di azoto NOx, idrocarburi incombusti HC, particolato fine PM10), non significa ridurre automaticamente le emissioni di CO2. Queste ultime dipendono principalmente dal consumo assoluto di carburante (tanto carbonio entra nella camera di combustione, tanto ne esce) e tendono anzi, sia pure marginalmente, ad aumentare quanto più i dispositivi antinquinamento spostano l’equilibrio della reazione di combustione degli idrocarburi verso i prodotti finali della reazione “pulita”: acqua e, per l’appunto, CO2. In altri termini, meno monossido di carbonio e idrocarburi incombusti significano, a parità di consumi, più CO2.
Se da un lato il consumo specifico dei veicoli, cioè il rapporto fra carburante consumato e l’energia erogata dal motore, è nettamente migliorato negli ultimi trent’anni, dall’altro il volume, la potenza e la cilindrata hanno subito un progressivo incremento in ogni segmento.
Il costante miglioramento dell’aerodinamica e l’utilizzo di materiali alternativi all’acciaio, come l’alluminio e la plastica, o di acciaio speciale più leggero, per ottenere componenti meno pesanti (una riduzione del 10% del peso migliora di un 3-7% i consumi), hanno paradossalmente favorito lo sviluppo di veicoli sempre più ingombranti e pesanti, annullando i possibili vantaggi sul piano del risparmio del petrolio, il cui consumo mondiale per auto-trazione è continuato a crescere del 2% annuo. Accanto ad “utilitarie” effettivamente molto parsimoniose sul piano del consumo energetico, il mercato automobilistico ha sviluppato non solo berline ed ammiraglie sempre più grandi e potenti, ma tutta una serie di veicoli a trazione integrale (SUV e Cross Over) che hanno affiancato il tradizionale Off-Road, a sua volta lievitato in volume e cilindrata.

Oggi, come in passato, è insensato permettere la circolazione sulle strade delle nostre già congestionate ed asfittiche città veicoli ingombranti, pesanti, pericolosi (per gli altri veicoli in caso d’incidente e per i pedoni in caso di investimento) e rumorosi che per trasportare spesso un singolo individuo consumano ed emettono, a parità di chilometri percorsi e di servizio svolto, assai più carburante, inquinanti e CO2 di quanto non ne consumino ed emettano veicoli più efficienti, caratterizzati da potenze minori, con motori meno “spinti” e senza trazione 4x4: veicoli, in altre parole, decisamente più adeguati alle caratteristiche dell’attuale circolazione stradale urbana. Soltanto le norme Euro 5 pongono, finalmente, l’attenzione dovuta all’emissioni di CO2, imponendo alle case automobiliste di raggiungere, entro il 2010, un valore medio (della gamma in listino) di emissioni di CO2 per i nuovi autoveicoli, adibiti al trasporto di persone, pari a 120 grammi di CO2/km.
Non sempre la generale correlazione positiva tra potenza del motore ed emissioni di CO2 è perfettamente rispettata: infatti, possono sussistere importanti differenze tecnologiche da un modello ad un altro che mettono in crisi questa definizione generale, con esempi di veicoli che, pur presentando significative differenze di potenza (anche 80 kW), emettono la stessa quantità di CO2.
L’imposizione fiscale più equa ed efficace rimane la tassazione diretta delle emissioni di CO2 e non mediata tramite il parametro della potenza in kW del motore: in Francia, ad esempio, viene applicata sotto forma di sovra-tassa dallo scorso luglio, articolata in base ai seguenti parametri: al di sotto dei 200 grammi al chilometro non si paga nulla in più rispetto al normale bollo; fra 200 e 250 grammi al chilometro si pagano 2 euro in più per ogni grammo aggiuntivo di CO2/km; al di sopra dei 250 grammi, altri 4 euro in più per ogni grammo supplementare di CO2/km.
La tassazione della CO2 era stata preceduta dall’obbligatorietà, da maggio di quest’anno, di applicare agli autoveicoli (in vendita nelle concessionarie transalpine) le etichette di classe energetica, del tutto simili a quelle già note per gli elettrodomestici (sette colori per sette classi), facilitando l’immediata percezione del consumo di carburante (misto, urbano ed extra-urbano) e delle emissioni climalteranti di ciascun modello.
Sempre in Francia un gruppo di lavoro, presieduto dell’ex campione del mondo di Formula Uno Alain Prost, ha consegnato al governo francese, lo scorso giugno, il rapporto “Flex Fuel 2010” che prevede l’installazione, nel 2007, di almeno 500 pompe di bio-carburante E-85, miscela di bio-etanolo (85%) e benzina (15%), che sarà venduto di 80 centesimi di Euro.
Il bio-etanolo è un alcool prodotto mediante un processo di fermentazione di prodotti agricoli ricchi di zucchero quali i cereali, le colture zuccherine, gli amidacei e le vinacce ed è un combustibile liquido con un elevato contenuto energetico (pari al 70% della benzina): è una fonte energetica pulita e rinnovabile, la cui produzione non implica un aumento delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera. Per favorire la sua produzione e distribuzione, il bio-etanolo sarà tassato al minimo, compensando i più alti costi di produzione.
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lunedì 1 gennaio 2007

BUON ANNO


La segreteria del P.d.G. augura a tutte le giovani ed a tutti i giovani d'Italia un 2007 finalmente da protagonisti.
Che il nuovo anno segni l'inizio di quel processo di svecchiamento e sostituzione dell'attuale classe dirigente, affetta da gerontocrazia cronica: è arrivato il momento di mandare in pensione questa classe politica mummificata, questi finanzieri azzimati, questi burocrati superpagati.
I matusa a casa, al campo di golf o all'ospizio, ma finalmente schiodati dalle poltrone dei posti che contano.
Il futuro è il nostro e tocca a noi deciderlo!!!
Chi non pensa al futuro non potrà averne mai uno...

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