Partito dei Giovani (P.d.G.)

Finalmente è nata una forza giovane che vuole rinnovare il paese e sostituire l'attuale gerontocrazia che soffoca l'Italia.

Vday

giovedì 26 giugno 2008

PIANO B (ULTIMA PARTE)


" (...) Una delle domande che mi sono fatto mentre lavoravo al Piano B è stata: con quale velocità possiamo ristrutturare l'economia globale se dovesse diventare importante per noi farlo? Per averne un'idea, guardo indietro e rimpiango una parte della storia economica della seconda guerra mondiale; in modo particolare ho letto un testo del Presidente Roosevelt (Discorso sullo stato dell'unione, 6 gennaio 1942), pronunciato un mese dopo che i giapponesi attaccarono Pearl Harbour, il 7 dicembre 1941.
In questo discorso Roosevelt espone i suoi obiettivi, gli obiettivi per la produzione di armi per gli Stati Uniti: "Produrremo 45.000 carri armati, 60.000 aeroplani, 20.000 pezzi di artiglieria e 6 milioni di tonnellate di navi". Nessuno aveva mai sentito cifre come queste in precedenza, ma ciò che lui e i suoi colleghi in amministrazione capirono era che in quel periodo la grande concentrazione del potere industriale nel mondo apparteneva all'industria automobilistica americana. Così dopo il suo discorso convocò i dirigenti delle industrie e disse loro: "Poiché voi rappresentate una fetta così grande della nostra capacità industriale, dipendiamo fortemente da voi per raggiungere questi obiettivi nella produzione delle armi". E loro dissero: "Bene, Signor Presidente, faremo tutto il possibile, ma sarà duro produrre sia le armi che le macchine", e lui disse: No, non avete capito: proibiremo la vendita delle macchine private negli Stati Uniti". Dall'inizio dell'aprile del 1942 fino alla fine del 1944, per quasi tre anni non venne prodotta nessuna automobile negli Stati Uniti. E non ci volle molto per la riorganizzazione, una questione di mesi per passare dalla costruzione delle macchine a quella di carri armati. E alla fine superammo tutti gli obiettivi di produzione di armi. L'economia fu totalmente e molto velocemente riorganizzata; lo facemmo perché avevamo paura. Mentre scrivevo il Piano B, ho dato uno sguardo al budget impiegato dagli Stati Uniti per la nostra difesa – credo fosse il budget del 2002, prima della guerra in Iraq –. Era di 343 miliardi di dollari. Il budget americano per la difesa superava le spese militari di tutti i nostri alleati messi insieme, più la Russia, più la Cina.
Un ammiraglio in pensione diede uno sguardo a questi numeri e disse: "Per 40 anni abbiamo fatto la corsa al riarmo contro l'Unione Sovietica, ora facciamo la corsa al riarmo contro noi stessi".
E credo che uno dei motivi per cui ci troviamo in difficoltà in Iraq sia perché abbiamo pensato che il potere militare potesse fare quasi tutto, mentre ci sono un sacco di cose che il potere militare non può fare, come credo che ora stiamo imparan-do. Se avevamo un progetto di difesa di 343 miliardi di dollari più un budget di 17 miliardi per il Dipartimento di Stato e per i programmi di aiuto, si arriva ad un totale di 360 miliardi di dollari all'anno, per la politica estera. Ora se dessimo uno sguardo a quel budget come se potessimo decidere come spenderlo, ci tro-veremmo di fronte alla domanda: "Come possiamo dividere questi 360 miliardi di dollari tra le spese militari e lo sradicamento della povertà, la scuola primaria universale, l'assistenza sanitaria di base per le persone, programmi scolastici e cibo dove ce n'è bisogno? come dividereste voi questi 360 miliardi?". Penso che ogni persona di buon senso li dividerebbe in modo diverso da co-me viene fatto adesso: 343 per le spese militari contro 17 per tutto il resto.
Cosa accadrebbe se facessimo metà e metà? Avremmo comunque il budget militare più grande al mondo. E pensate a tutte le cose che si potrebbero fare con 180 miliardi di dollari all'anno. Questa è la sfida. Io credo che la nostra priorità sia fuori sincronia con i problemi che stiamo ora affrontando nel mondo, sia la povertà che i cambiamenti climatici, che la scomparsa delle falde acquifere o qualsiasi altra cosa. Penso che ci sia bisogno di ripensare in modo molto radicale alle cose.
L’11 settembre 2001 mi trovavo a New York, ero li per un'intervista durante il pranzo, con il «New York Times» per parlare del mio libro Eco-economia, costruire un'economia per la Terra.
Quell'intervista non è stata mai fatta. E ciò che mi è venuto in mente è che Osama Bin Laden e i suoi colleghi sono riusciti a distogliere la nostra attenzione dalle tendenze ambientali che stanno minacciando il nostro futuro: scomparsa delle falde acquifere, aumento delle temperature, deforestazione, collasso della pesca ecc.
Se Bin Laden è riuscito a fare ciò, lui e i suoi colleghi possono raggiungere i loro scopi, per ragioni che non avevano mai immaginato.
Esistono altri problemi oltre al terrorismo, la sicurezza alimentare è uno di questi. Penso che avrà un effetto enorme sul gravi entro le prossime decine di anni. Credo che siano molto più vicini adesso di quello che la gente possa pensare, ed è per questo che parlo della situazione alimentare entro i prossimi due o tre anni, perché quando oltrepassiamo una certa soglia, allora le cose possono accadere molto velocemente. Pensate alla caduta del muro di Berlino nel 1989; potete cercare negli archivi di scienza politica degli anni Ottanta e non troverete un solo articolo che parli della possibilità del grande cambiamento che sarebbe arrivato nell'Europa dell'Est e che è consistito essenzialmente in una rivoluzione politica senza spargimento di sangue, con alcune eccezioni.
Tutto ciò non era stato previsto, ma improvvisamente abbiamo attraversato la soglia sociale ed ogni cosa ha iniziato a cambiare. Questo può accadere anche all'ambiente.
Una delle debolezze della civiltà moderna è ciò che qualcuno chiama "riduzionismo". Visto il modo in cui le conoscenze avanzano nel mondo accademico, le riflessioni più accurate diventano sempre più particolari e specialistiche. Per esempio, avevamo gli economisti, adesso abbiamo l'economia agricola, e nell'ambito dell'agricoltura abbiamo: produzione, produzione agricola, produzione di economia, marketing dell'agricoltura, anche economia del trasporto in agricoltura. Quindi il nostro sta diventando un mondo molto frammentato. Ma il problema è che i frammenti sono enormi. Pensate alla questione del cibo. Quando sono entrato nel Dipartimento Americano
dell'Agricoltura, nel 1959, la sicurezza alimentare dipendeva da una politica che riguardava la terra coltivabile che l'America lasciava fuori dalla produzione. Se il mercato mondiale cominciava a stringere e i prezzi iniziavano a salire, portavamo semplicemente un po' della terra coltivabile inattiva nuovamente in produzione. Era un mondo semplice. Oggi, innanzitutto non abbiamo più quella terra coltivabile inattiva. Ma oltre a questo, le decisioni prese oggi nei ministeri per l'Energia che influiscono sul clima possono avere un effetto maggiore a lungo termine sulla sicurezza alimentare, rispetto alle decisioni prese dal ministero dell'Agricoltura. Bene, considerate i trasporti: l'ipotesi è che in Cina avranno un'economia centrata sull’automobile come in Italia o negli USA. Ma quando si pensa alla Cina con una macchina in ogni garage, si capisce che lastricheranno una gran parte del paese, solo per parcheggi, vie, strade e autostrade. È un'interessante sorta di dicotomia tra consumatori ricchi che comprano le automobili che competono con i consumatori a basso reddito che comprano il cibo, ed entrambi
competono per la stessa terra. Se dovessi organizzare una conferenza mondiale sulla sicurezza mondiale alla FAO oggi, inviterei non solo i ministri dell'Agricoltura ma anche i ministri dell'Energia,dei Trasporti, delle Risorse idriche, e ovviamente quelli della Pianificazione familiare e della Salute. Perché hanno tutti un ruolo importante da svolgere. Il mondo sta diventando molto più complesso, per cui dobbiamo guardare l'immagine complessiva per poter capire cosa dobbiamo fare a livello locale. Un altro esempio della complessità dei problemi è legato all'uso energetico della biomassa. In Europa sta prendendo largamente la forma del bio-diesel, attraverso vari oli vegetali; infatti c'è un programma di utilizzazione di terreni agricoli per la produzione di semi oleaginosi per produrre il diesel. Negli Stati Uniti, invece, stiamo usando circa 30 milioni di tonnellate di mais per produrre etanolo. Ma credo che queste siano attività a breve termine, non credo dureranno.
Lasciatemi fare un esempio. Se voi foste un agricoltore dell'Iowa del Nord, dove ci sono terre molto produttive, potete utilizzare un acro di terra e affittarlo agli impianti eolici.
Un agricoltore normalmente ottiene 3.000 dollari l'anno per un quarto di acro. Quella turbina eolica genera 100.000 dollari all'anno, forse anche più ora con le nuove tecnologie. Il mais prodotto su quel quarto di acro varrà forse 100 dollari, 100 dollari contro 100.000 dollari. Ho citato questo esempio particolare solo per dire che la raccolta meccanica di energia è infinitamente più efficiente della raccolta biologica dell'energia.
Se guardate ad un raccolto di mais nel Mid-West degli Stati Uniti durante la stagione della coltivazione, il raccolto di mais convertirà l'1,5% della luce solare in energia biochimica. Non è molto. Oggi, stiamo vincendo una battaglia qui e una là, un nuovo progetto qui, una nuova politica di governo là. Ma perderemo la guerra di sicuro, non ci sono dubbi al riguardo: stiamo perdendo la guerra. Penso si debba fare qualcosa di più, perché abbiamo poco tempo. Io prevedo che ci sarà un drammatico aumento nei prezzi alimentari.
E ci accorgeremo che non possiamo più ignorare la relazione tra l'economia globale e l'ecosistema dal quale dipende. E quella relazione si sta deteriorando molto rapidamente. Posso riportare alcuni fatti riguardo la desertificazione in Cina, per esempio. Ho nel mio ufficio un libro di fotografie sulla desertificazione in Cina.
Tutte le foto sono state scattate da un fotografo in pensione per far crescere la consapevolezza in Cina sulla desertificazione. C'è una foto di un gregge di capre mohair molto preziose. Ma c'è così poca vegetazione ora, e le capre hanno tanta fame di proteine, che pascolano l'una sull'altra, mangiando la lana delle altre capre, e sono letteralmente nude, non hanno niente addosso. Questa immagine mi trasmette il tipo di problema che sta iniziando a svelarsi, che riguarda la desertificazione, l'aumento delle temperature, la scomparsa delle falde acquifere. Intendo dire che non si può continuare così a lungo e queste tendenze non possono continuare in questo modo senza portarci a gravissime conseguenze. Credo che adesso ci stiamo avvicinando a questo limite."

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mercoledì 25 giugno 2008

PIANO B (4° PARTE)


"(...) Un altro problema urgente è stabilizzare il clima. Ho raccomandato nel Piano B di dimezzare entro il 2015 le emissioni mondiali di carbonio. Ciò può essere fatto con le tecnologie esistenti; non dobbiamo aspettare qualche innovazione. Per esempio, se nel mondo prendessimo sul serio il problema del clima, le temperature che porteranno ad un aumento dei prezzi degli alimenti, se decidessimo di rimpiazzare in tutto il mondo entro i prossimi tre anni tutte le vecchie lampadine a incandescenza, con nuove lampadine fluorescenti, l'investimento fatto farebbe risparmiare circa il 30% delle bollette energetiche all'anno e potremmo chiudere centinaia di centrali a carbone in tutto il mondo. Non ci sarebbe nessun cambiamento nell'illuminazione, ma semplicemente la otterremmo in modo più efficiente.
Negli Stati Uniti abbiamo un consumo di energia straordinario a causa di una flotta di automobili molto poco efficienti. Ma adesso abbiamo a disposizione nuove tecnologie. Come molti di voi sapranno, i giapponesi detengono la leadership in questo campo. Toyota e Honda, entrambe adesso, hanno due o tre macchine con motore ibrido, a benzina ed elettrico. I motori ibridi benzina-elettrici non hanno avuto molto successo in Europa, ma in Giappone e negli Stati Uniti lo stanno avendo. Probabilmente vedremo 100.000 macchine con motore ibrido in più quest'anno.
L'aspetto più promettente di questi ibridi è che sono all'avanguardia per quanto riguarda la tecnologia automatica, usando una combinazione di un motore elettrico e di uno alimentato a benzina.
Ma se guardiamo all'efficienza della flotta automobilistica americana, oggi è di circa 20 miglia per gallone. Mentre la Toyota Prius, che è la più famosa tra le macchine a motore ibrido, fa 55 miglia con un gallone. Se dovessimo decidere che nei prossimi anni negli Stati Uniti si debba passare completamente a macchine a motore ibrido benzina-elettrico, potremmo molto facilmente ridurre l'uso della benzina della metà con un guadagno per la salute e per il clima. Questo risultato sarebbe ottenuto senza nessun cambiamento per quanto riguarda il numero delle vetture e nessun cambiamento nelle miglia percorse, che pure sarebbe possibile ed auspicabile.
La macchina con motore ibrido, quando vi state avvicinando al segnale di stop o al rosso di un semaforo e iniziate a schiacciare il freno, spegne automaticamente il motore a benzina e l'azione di frenata è utilizzata per generare elettricità che viene accumulata nella batteria. Quando scatta il verde e voi ripartite, entra in funzione il motore elettrico. E poi quando raggiungete le 25 miglia all'ora (circa 40 chilometri all'ora), allora la macchina utilizza nuovamente il motore a benzina. Se volete comprarvi una Toyota Prius negli Stati Uniti, adesso dovete aggiungervi ad una lista di attesa che può variare dai 4 ai 18 mesi, perché la richiesta di queste macchine è molto forte. Sono automobili straordinarie e così efficienti che si corre il rischio di scordarsi di mettere la benzina.
Un membro del Consiglio dell'Eartb Policy Institute, che vive vicino a Princeton nel New Jersey, voleva una Toyota Prius; alcuni mesi fa lui e sua moglie hanno saputo dal commerciante che la macchina era arrivata. Quindi sono andati a prenderla, hanno firmato tutte le carte, hanno pagato, e nel momento stesso in cui hanno finito il commerciante gli ha detto: "Se lasciate questa macchina qui, vi diamo 5.000 dollari in più di quello che voiavete pagato adesso". Il motivo è che è un rivenditore Toyota deve venderla al prezzo di listino, ma c'è in realtà un mercato nero per quanto riguarda queste macchine dovuto alle lunghe liste di attesa; e se hanno offerto 5.000 dollari potete immaginare che ne avrebbero ottenuti dai 7.000 ai 10.000in più rispetto al prezzo dilistino. Questo è un indicatore positivo ed un segnale molto buono, per cui credo che le compagnie americane accelereranno il passaggio a questo tipo di tecnologia. La Ford è entrata nel mercato con la E Suv col motore ibrido; stiamo quindi vedendo qualche progresso in questo campo.
Ora, se non avete la macchina con il motore ibrido, esiste anche una seconda possibilità: avere un'auto elettrica e ricaricare la batteria quando andate a casa la sera quando la richiesta di elettricità diminuisce, utilizzando un timer. Ciò significa che brevi distanze come per esempio andare e tornare dal lavoro, andare nei negozi a fare lo shopping, ecc. possono essere tranquillamente percorse con l'elettricità, purché prodotta da fonti rinnovabili e pulite. Tutto ciò può tagliare l'uso della benzina di un ulteriore 20%,quindi 50% più il 20% è uguale al 70% di riduzione. La parte più interessante di questa ipotesi prevede la possibilità di investire nelle migliaia di fattorie del vento, in tutti gli Stati Uniti, per fornire elettricità alla rete a basso costo, e di usare questa elettricità per alimentare le macchine.
Due tecnologie: l'evoluzione del motore ibrido benzina-elettrico e il progetto dell'energia eolica, hanno aperto una serie di opportunità per ridurre la nostra dipendenza dalla benzina.
Lasciatemi parlare del vento per qualche minuto. Negli Stati Uniti abbiamo molto vento; molti paesi hanno molto vento.
Come sapete nel mondo l'elettricità generata dal vento sta crescendo di più del 30% all'anno dal 1995. Qui in Europa quasi 40 milioni di persone ottengono l'elettricità da fonti eoliche; la maggior parte di queste si trovano in Germania, Danimarca, alcune sono in Spagna. Ma ora c'è abbastanza elettricità eolica in Europa da soddisfare i bisogni energetici di 40 milioni di europei. L'Associazione Europea per l'Energia Eolica prevede che entro il 2020 fino a 195 milioni di europei potrebbero ottenere l'elettricità dalle fattorie del vento. Un consulente danese dell'energia eolica ha detto recentemente che se i governi europei prendessero seriamente in considerazione la possibilità di sviluppare le loro fonti eoliche off-shore, nel 2020tutti i bisogni energetici europei potrebbero essere soddisfatti dall'energia eolica.
Ci sono sei motivi per cui l'elettricità generata dal vento sta crescendo così velocemente: è abbondante, a basso costo, inesauribile, largamente diffusa, pulita, amica dell'ambiente.
Nessuna altra fonte energetica possiede tutti questi attributi.
Vorrei sottolineare l'abbondanza. Nel 1991 il Dipartimento Americano per l'Energia fece un inventario delle potenzialità eoliche degli Stati Uniti, mettendo in evidenza che tre degli stati più ricchi di vento, Nord Dakota, Kansas e Texas, avevano energia colica sufficiente a soddisfare l'intero fabbisogno energetico nazionale. Molta gente rimase sorpresa perché tutti pensavano che l'energia eolica fosse una fonte di energia marginale. Guardando indietro, adesso sappiamo che era stata sottovalutata perché si basava ancora su tecnologie del 1991.
I progressi fatti nel design delle turbine eoliche da allora hanno abbassato la velocità del vento alla quale le turbine diventano operative, consentendo di convertire il vento in energia in modo più efficiente; e poiché le turbine sono montate su pali molto più alti, in alcuni casi anche più del doppio, sfruttano un regime di vento più ampio. Quindi, se il Dipartimento Americano per l'Energia poteva dire nel 1991 che questi tre stati avevano energia eolica sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico nazionale, possiamo dirlo anche adesso nonostante l'aumento dei consumi.
Negli USA abbiamo molti altri stati ricchi di vento e il Dipartimento dell'Energia non include il vento off-shore; e noi abbiamo una lunga linea costiera. Ho parlato di questo per dare un'idea di ciò che è possibile realizzare. Nel Piano B ho parlato anche dei veicoli a celle a combustibile e dell'economia a idrogeno, ma ora sembra – e non sono l'unico ad aver cambiato idea – che sia molto più economico e sicuramente più veloce utilizzare il motore ibrido benzina-elettrico piuttosto che le celle a combustibile alimentate da idrogeno; infatti è molto dispendioso creare le nuove infrastrutture necessarie per l'economia dell'idrogeno. Ma forse non ci sarà bisogno di costruirle, quindi stiamo iniziando a vedere un nuovo orizzonte che si apre per
ristrutturare tutta l'economia dell'energia."

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giovedì 19 giugno 2008

PIANO B (3° PARTE)


"(...) Ma oltre a questo, se la Cina entrerà nel mercato mondiale si avrà un aumento mondiale dei prezzi dei cereali. E questo aumento dei prezzi sarà sufficiente a destabilizzare i governi dei paesi a basso reddito che dipendono pesantemente dalle importazioni cerealicole. Questa instabilità politica potrebbe sconvolgere il progresso economico globale. Molti di noi possono dire: bene, i prezzi saliranno del 20, 30, 50%, sopravvivremo, ed è vero. Ma se si sconvolgerà l'economia globale, allora ne saremo colpiti molto più direttamente.
Abbiamo visto le tendenze delle criticità ambientali come l'erosione del suolo, la scomparsa delle falde acquifere e l'aumento delle temperature. Tutti questi fenomeni hanno degli effetti economici: l'aumento dei prezzi degli alimenti. Ciò porta ad una instabilità politica, che a sua volta sconvolge la crescita economica globale.
Da quanto detto dovremmo comprendere che non possiamo più continuare a trascurare le tendenze ambientali dei decenni recenti. Quando ci sarà un aumento delle emissioni di carbonio e un aumento delle temperature, o la scomparsa delle falde acquifere ecc. penso che ci sveglieremo e ci convinceremo improvvisamente a cambiare le nostre abitudini.
Ora accennerò agli elementi di un piano su ciò che bisogna fare se questo scenario si verificherà, al quale ho dato il nome di "Piano B" (il piano A riguarda solo gli affari e non ne parleremo): esso implica cambiamenti molto consistenti: uno sforzo concertato in tutto il mondo per aumentare la produttività dell'acqua e uno sforzo concertato per stabilizzare al più presto la popolazione. La grande maggioranza dei tre miliardi di persone che si aggiungeranno a metà secolo alla popolazione mondiale, nasceranno in paesi dove le falde acquifere stanno già sparendo e i pozzi si stanno prosciugando; non mi sembra una buona prospettiva per il progresso economico e la stabilità politica. Perciò credo che dovremmo fare un grosso sforzo sul fronte della popolazione. Questo significa assicurarsi che le donne ovunque nel mondo abbiano accesso alla pianificazione familiare e a servizi sanitari per la riproduzione. E necessario creare condizioni sociali migliori, per accelerare il cambiamento verso famiglie più piccole.
Inoltre tra poco avremo problemi seri per quanto riguarda le iniziative per la stabilizzazione del clima, cioè per la riduzione delle emissioni di gas-serra. E parlo di ridurre le
emissioni non del 6 o 7 per cento, che è l'obiettivo dei paesi industrializzati pre-visto dal Protocollo di Kyoto per il 2008- 2012, ma di ridurle alla metà entro il 2015. La situazione relativa all'acqua è molto simile a quella che stiamo affrontando con la produttività della terra. Prima del 1950 la crescita della produttività della terra per quanto riguarda i cereali era così bassa da essere scarsamente visibile da una generazione all'altra; ma dopo il 1950 abbiamo iniziato a concentrarci su di essa perché non c'era altro terreno nuovo, e stavamo
affrontando una crescita enorme nella popolazione mondiale. Quindi abbiamo fatto un gran numero di cose; abbiamo iniziato ad impegnare sistematicamente la scienza per
sostenere l'agricoltura ed abbiamo avuto la più grande produzione mondiale di cereali e riso, sviluppata in Giappone.
Negli Stati Uniti abbiamo avuto il mais ibrido e sono stati assegnati diversi sussidi per far sì che gli agricoltori potessero investire nell'aumento della produttività dei terreni e in servizi
per l'agricoltura; abbiamo inoltre costituito agenzie di credito per le aziende agricole. Il risultato è stato che abbiamo aumentato la produttività dei terreni arati da 1,1 tonnellate per
ettaro nel 1950 a 2,7 tonnellate per ettaro nel 2000.
Ora dobbiamo pensare nello stesso modo per quanto riguarda l'aumento della produttività dell'acqua. Non abbiamo nemmeno un vocabolario o degli indicatori per parlare della produttività dell'acqua; quella del terreno normalmente si esprime in tonnellate per ettaro. Ci sono diversi modi per misurare la produttività dell'acqua, ma credo che ci sia bisogno di ripensarli. Credo che si debbano ripensare tutti i modelli d'uso dell'acqua. Per esempio il prevalente modello urbano che abbiamo scelto in tutto il mondo è che l'acqua entri in una parte della città ed esca dall'altra parte, terribilmente inquinata, e venga usata solo una volta. Ora abbiamo le tecnologie per depurare l'acqua e le città possono usare la stessa acqua più volte.
L'acqua è essenzialmente indistruttibile; se ne perde una piccola percentuale attraverso l'evaporazione ogni volta che si compie il ciclo.
Inoltre le città non hanno bisogno di usare così tanta acqua che potrebbe essere invece destinata alle irrigazioni. Credo che dobbiamo pensarci, perché la sicurezza alimentare diventerà la minaccia schiacciante per il nostro futuro, più del terrorismo. Fino ad ora il terrorismo ha causato la perdita di migliaia di vite, tremila vite l'11 settembre, ma il numero delle persone affamate nel mondo sono 800 milioni, e se la situazione alimentare peggiorasse, centinaia di milioni di persone potranno scomparire nello spazio di una notte. L'aumento dei prezzi del cibo potrebbe impoverire molte persone, quindi credo che dovremmo iniziare a ripensare seriamente il modo in cui utilizziamo questa preziosa risorsa.
Per stabilizzare la popolazione le chiavi sono quelle che ho indicato: dare servizi di pianificazione familiare per tutti, alle donne ovunque, e creare le condizioni sociali che incoraggino il cambiamento verso famiglie più piccole, che significa un'educazione scolastica primaria sia per le ragazze che per i ragazzi. Fortunatamente questo è uno degli obiettivi dell'ONU: l'istruzione scolastica primaria universale per il 2015; credo che tutti dovremmo
cercare di raggiungerlo al più presto. E poi è necessario migliorare l'assistenza medica, che non significa offrire operazioni a cuore aperto per il mondo, ma almeno garantire la vaccinazione dei bambini, combattere le malattie infettive, costruire una clinica o qualcosa di simile in ogni villaggio che dia almeno servizi sanitari di base e, nel più povero dei paesi poveri, programmi per i pasti scolastici, perché se i bambini devono essere portati a scuola devono anche avere abbastanza cibo per poter essere concentrati nello studio. Il costo per tutto ciò, secondo i dati dell'ONU e della Banca Mondiale, è di 62 miliardi di dollari l'anno. Ora 62 miliardi di dollari sembrano tanti, ma sono meno degli 87 miliardi di dollari che gli Stati Uniti hanno speso per la guerra in Iraq nel 2004. Potremmo fare ciò che è necessario se solo decidessimo di farlo; ma non abbiamo ancora preso questa decisione.
"

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martedì 17 giugno 2008

PIANO B (2°Parte)


" (...) Per esempio, nel 2002 il raccolto di grano in India, Stati Uniti e Canada, per prendere i tre maggiori produttori, venne sostanzialmente ridotto da una combinazione di alte temperature record e siccità. Nel 2003 l'Europa ha dovuto sostenere gli effetti di un caldo intenso. Circa 35.000 persone sono morte in 8 paesi europei, quasi la metà di queste solo in Francia. Credo che in Francia siano state 15.000. Ma quell'ondata di caldo che ha causato la morte di 35.000 persone ha ridotto anche il raccolto cerealicolo in Europa, in tutti i paesi dalla Francia orientale fino all'Ucraina.
Nel 2003, tra metà luglio e metà agosto, quando il Dipartimento Americano dell'Agricoltura fece le sue stime globali sui cereali, risultò che il raccolto del frumento in Europa era diminuito di 32 milioni di tonnellate. Per dare una idea della gravità del fatto, facciamo notare che si tratta di una quantità pari alla metà del raccolto di frumento americano. Quindi non è una diminuzione leggera.
Da questo esempio è evidente quanto le temperature incidano sulla sicurezza ambientale, e questo darà luogo ad una situazione importante. Se diventerà chiaro che l'aumento delle temperature sta facendo diminuire i raccolti e aumentare i prezzi del cibo, avremo improvvisamente una nuova e potente lobby per far ridurre le emissioni di carbonio: i consumatori. Non credo che esista un indicatore economico che sia più sensibile politicamente dell'aumento dei prezzi. Un giornalista mi ha chiesto cosa mi aspettavo dall'amministrazione Bush rispetto alla politica ambientale. Ho velocemente risposto che, quando sarà chiaro che il cambiamento climatico fa aumentare i prezzi dei generi alimentari, ci sarà una pressione pubblica intensa per ridurre le emissioni di carbonio, e non farà molta differenza chi sarà alla Casa Bianca; chiunque ci sarà dovrà rispondere di ciò, ed è da qui che credo verrà il grande cambiamento. E ci costringerà ad andare molto più in là del Protocollo di Kyoto.
Il Protocollo di Kyoto è stato un passo utile perché i governi iniziassero a concentrarsi sul problema ed iniziassero a pensare su come ridurre le emissioni di anidride carbonica, ma la mia previsione è che entro i prossimi anni nessuno parlerà più del Protocollo di Kyoto. Saremo già in una fase successiva nel tentativo di ridurre le emissioni di carbonio.
I quattro anni più caldi mai registrati sono stati negli ultimi 6 anni, e il record risale a 160 anni fa circa, quindi c'è un drammatico capovolgimento delle temperature.
Credo che la Cina, man mano che si immetterà nel mercato mondiale per massicce importazioni di cereali, costituirà il problema principale o l'evento che causerà il risveglio sul fronte del cibo. Nel 1995 ho pubblicato un libro intitolato Chi sfamerà la Cina? nel quale ho guardato alla futura produzione alimentare della Cina. E in quel libro ho predetto che in pochi anni la produzione cerealicola della Cina sarebbe iniziata a calare. E questo era molto difficile da capire per gli economisti, perché la produzione cerealicola non era mai diminuita nei paesi di maggiore produzione. Ma ciò che vidi fu che la stessa cosa era accaduta a Giappone, Corea del Sud e Taiwan.
Io l'ho chiamata "Sindrome Giapponese": se un paese è densamente popolato prima di essere industrializzato, allora accadono le seguenti cose. Primo, le richieste alimentari crescono molto velocemente, con conseguente aumento della richiesta di cereali.
Secondo, i paesi densamente popolati perdono molte delle loro rimanenti terre agricole per l'industrializzazione, per usi non agricoli, strade, autostrade, costruzioni di fabbriche ecc. E ciò porta ad una riduzione della produzione alimentare. Giappone, Corea del Sud e Taiwan, 40 anni fa erano quasi autosufficienti o del tutto autosufficienti per quanto riguarda i cereali. Oggi ciascuno di questi tre paesi importa il 70% o più delle proprie riserve cerealicole. E questa rapida industrializzazione consumerà tanta terra agricola. Le vendite di automobili adesso stanno aumentando del 40% all'anno, quindi si deve continuare ad asfaltare
il territorio e a produrre automobili. Stiamo di fronte ad un paese che sta perdendo molta terra agricola, e molto rapidamente; e quindi la produzione cerealicola della Cina, che è passata da 90.000.000 di tonnellate nel 1950 a 392.000.000 di tonnellate nel 1998, è calata oggi fino a 322.000.000 tonnellate; un calo di 70.000.000 di tonnellate in cinque anni, una quantità superiore all'intera produzione cerealicola del Canada.
Ci sono molte ragioni di ciò, non solo la perdita delle terre per il raccolto e la perdita dell'acqua per l'irrigazione; tutte queste cose stanno portando ad una diminuzione del raccolto cerealicolo in Cina. Nel 2004 sono riusciti ad ottenere un aumento sostanziale; non sono riusciti a ritornare ai livelli di cinque anni fa, ma hanno avuto un aumento. Hanno aumentato i prezzi del riso e del grano, hanno investito massicciamente nell'agricoltura, e hanno avuto un tempo eccezionale per il raccolto come nella maggior parte del mondo. Ma la Cina che nel 2004 ha importato 8 milioni di tonnellate di cereali, fino a pochi anni fa era essenzialmente autosufficiente per il grano; quegli 8 milioni di tonnellate la rendono automaticamente il più grande importatore di grano. Nel 2005 vorrebbe importare
10 milioni di tonnellate di cereali, 5 milioni di tonnellate di riso e 7 milioni di tonnellate di mais, 2 milioni di tonnellate di orzo, la maggior parte per la fermentazione per fare la birra; 24 milioni di tonnellate tutte insieme. Credo che si arriverà a 30, 40, 50, 60 milioni di tonnellate entro i prossimi anni.
Quando la Cina entrerà nel mercato, come penso che inevitabilmente accadrà, si rivolgerà all'America per parte delle sue richieste, e questo creerà un'affascinante situazione geopolitica perché abbiamo un paese con 1,3 miliardi di consumatori che hanno un attivo di 120 miliardi di dollari rispetto agli Stati Uniti. Abbastanza per comprare due volte l'intero raccolto degli USA. Come risponderanno gli Stati Uniti a ciò? Trent'anni fa se un paese entrato nel mercatoamericano avesse minacciato di comprare così tanto grano da fare alzare i prezzi dei cereali e del cibo, avremmo chiuso le porte, oalmeno avremmo limitato le esportazioni. L'abbiamo fatto in passato nel 1972-74, l'ultima volta che le riserve di grano furono veramente ridotte. Ma oggi vi è una posta in gioco in una Cina politicamente stabile, che non è solo il motore economico che alimenta l'economia asiatica, ma anche la più grande economia al mondo, quella che negli ultimi anni ha avuto la crescita maggiore.
Quindi, mentre in un certo senso il mondo intero si sta appoggiando alla Cina per continuare a far crescere l'economia, mi aspetto che in pochi anni prepareremo una nave carica di cereali, forse due al giorno, che andrà in Cina partendo dagli Stati Uniti.
E nel prossimo futuro ci sarà una lunga linea di navi che si allungherà per tutto il Pacifico, legando i due paesi insieme con un'intimità mai sperimentata prima. Riuscire a gestire quel flusso di cereali attraverso il Pacifico, in modo da essere pronti a rispondere agli interessi dei consumatori degli Stati Uniti e dei consumatori cinesi allo stesso tempo, credo diventerà una delle maggiori sfide che la politica agricola dovrà affrontare."
(segue)

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lunedì 16 giugno 2008

PIANO B (1°PARTE)


Rendiamo fruibile l'articolo "PIANO B: COME AFFRONTARE
LA CRISI ALIMENTARE INCIPIENTE"
scritto da
Lester Brown alla fine del 2005, nel quale l'economista agricolo prevedeva con largo anticipo l'attuale crisi alimentare mondiale.
"Chi lavora sui problemi dell'ambiente da molto tempo sostiene che se le tendenze ambientali recenti dovessero continuare, molto probabilmente ci troveremo in una situazione molto grave. Ciò che non è chiaro è quale forma assumeranno questi problemi e quando si presenteranno. A mio avviso, almeno nei prossimi anni, verranno dal fronte degli alimenti e sotto forma di crescita dei prezzi del cibo.
Gli agricoltori hanno a che fare da lungo tempo con i cambiamenti ambientali, come per esempio l'erosione del suolo, uno dei più antichi problemi ambientali del mondo. Da quando ha avuto inizio l'agricoltura l'erosione del suolo è sempre stata un problema. Ora, però, ne stanno emergendo di nuovi: la scomparsa delle falde acquifere e l'innalzamento delle temperature. Entrambi stanno
rendendo più difficile espandere la produzione alimentare abbastanza velocemente per mantenere il passo con la domanda crescente. Per esempio negli ultimi anni la produzione cerealicola mondiale è scesa al di sotto dei livelli di consumo, e queste carenze sono state colmate attingendo dalle riserve di grano mondiale per quattro anni di seguito. Come risultato, ora, le riserve mondiali cerealicole sono al livello più basso degli ultimi trent'anni.
Il 2004 è stato un anno ottimo per il raccolto, con un tempo buono in tutte le maggiori regioni produttive del mondo, cosa che raramente accade, ma questo sensazionale salto produttivo di circa il 7% sta coprendo a malapena i consumi. Non è abbastanza per rimpinguare le riserve cerealicole mondiali svuotate. Ciò significa che se nei prossimi anni non ci sarà un buon raccolto, allora le riserve cerealicole mondiali raggiungeranno il livello più basso mai raggiunto prima, e ciò significherà un drastico aumento dei prezzi di questi prodotti basilari per l'alimentazione. L'evento che potrebbe scatenare un aumento dei prezzi del cibo in tutto il mondo sarebbe l'entrata della Cina nel mercato mondiale e la conseguente richiesta di ingenti quantità di cereali. Ma associato a questo, c'è il problema della scomparsa delle falde acquifere. La produzione di cibo è una attività straordinariamente intensiva per l'acqua. Per esempio, beviamo quasi 4 litri di acqua al giorno in una forma o nell'altra: come acqua, come caffè, succhi,
vino, birra ecc., ma il cibo che consumiamo ogni giorno richiede 2.000 litri di acqua per essere prodotto, cioè 500 volte tanto. Per ogni tonnellata di grano, c'è bisogno di 1.000 tonnellate di acqua.
Quindi ciò che accade alle forniture di acqua finirà con l'influire sulla produzione del cibo. E questa credo sia una delle questioni meno conosciute nel mondo, uno dei problemi delle risorse meno riportato.
Le falde acquifere stanno scomparendo in paesi che hanno metà della popolazione mondiale; tra questi India, Cina e Stati Uniti. Questi tre stati insieme producono quasi la metà del raccolto
mondiale di grano. Negli Stati Uniti le falde acquifere stanno scomparendo nelle grandi pianure del Sud e nel Sud-ovest. Nelle grandi pianure del Sud l'area irrigata si è ridotta del 24% dal
1980. Parliamo del Kansas, dell'Oklahoma, del Texas, cioè di quegli stati che hanno le maggiori coltivazioni. Gran parte delle irrigazioni delle pianure degli Stati Uniti proviene da un'enorme falda sotterranea. Quest'acqua sotterranea è essenzialmente un serbatoio di acqua fossile, che quindi non riesce ad essere ricaricata molto; perciò, poiché sempre più agricoltori pompano l'acqua per le loro irrigazioni, questa falda acquifera sta scomparendo. Gli agricoltori stanno affrontando la scomparsa delle riserve d'acqua perché le falde d'acqua si stanno svuotando e i pozzi si stanno prosciugando. Ma gli agricoltori utilizzano solo una parte di quella
riserva che si sta prosciugando. Quindi per loro la situazione è doppiamente difficile. Nella competizione fra campagna e città, per quanto riguarda l'acqua, gli agricoltori perdono sempre.
Diamo uno sguardo ora all'economia della Cina. Se avete 1.000 tonnellate di acqua potete usarle per produrre una tonnellata di grano che vale circa 200 $, oppure per espandere la produzione
industriale di 14.000 dollari, cioè 70 volte tanto. Quindi, se il vostro obiettivo è la crescita economica e la creazione di posti di lavoro, non userete l'acqua per produrre cereali. Ed ecco perché la Cina sta per entrare nel mercato mondiale con la richiesta di massicce quantità di grano.
In India le falde acquifere stanno scomparendo in molti stati; ci sono ora 21 milioni di metri quadrati di aree agricole che usano pozzi di irrigazione con pompe a motore diesel oppure elettriche. E stanno pompando eccessivamente dalle falde acquifere. In alcuni stati le falde acquifere stanno scomparendo così velocemente che si è iniziato ad utilizzare delle tecnologie più avanzate per raggiungere acque più in profondità. In alcune province dell'India più della metà dell'elettricità viene usata per pompare l'acqua per le irrigazioni.
In Cina le falde acquifere stanno scomparendo in quasi la metà dei territori del Nord, inclusa la Pianura Cinese del Nord, che produce un terzo del grano e metà del mais cinese. I problemi
dell'irrigazione risalgono a 6000 anni fa, ma la scomparsa delle falde acquifere è qualcosa che abbiamo visto solo negli ultimi decenni. È stato solo con l'avvento delle pompe diesel ed elettriche che abbiamo acquistato la capacità di pompare eccessivamente l'acqua delle falde acquifere. Quando dipendevamo da congegni con forza motrice animale o umana, semplicemente non avevamo sufficiente energia per svuotare le falde, mentre ora l'abbiamo. La cosa preoccupante, riguardo alla scomparsa delle falde acquifere, è che l'eccessivo pompaggio delle falde aiuta a
soddisfare la domanda alimentare oggi, ma quasi garantisce un futuro declino della produzione alimentare quando le falde saranno svuotate. Quindi il problema dell'acqua è uno dei
princi-pali problemi che stiamo affrontando nel mondo.
Ho menzionato il fatto che gli agricoltori stanno perdendo acqua rispetto alle città, e questo sta accadendo ovunque. Negli Stati Uniti viene pubblicato un giornale chiamato "The Water Strategist" (Lo stratega dell'acqua), e in quel giornale ogni mese c'è una sezione dedicata alla vendita dell'acqua nella parte occidentale degli Stati Uniti. Ciò che vediamo è che c'è una vendita
d'acqua quasi ogni giorno da qualche parte degli Stati Uniti occidentali.
Forse in Colorado, forse in Texas, Nevada, California; forse non esiste un solo grande agricoltore che non venda i suoi diritti per l'irrigazione ad un villaggio vicino o forse a un intero
distretto di irrigazione; agricoltori che in California vendono i diritti alla città di Los Angeles, per esempio. Ma gli agricoltori stanno perdendo la loro competizione per l'acqua.
Il secondo nuovo problema che gli agricoltori stanno affrontando è l'aumento delle temperature. Come si alzano i livelli del-la CO2, accadono due cose:
1) abbiamo il cosiddetto
effetto di fertilizzazione di CO2,
2) con l'aumento delle
temperature calano i raccolti.

Conosciamo da tempo il potenziale effetto fertilizzante dell'aumento della CO2. Ma ciò su cui concentreremo la nostra attenzione adesso è la precisa relazione tra temperatura e raccolto
di cereali. Sono usciti degli studi proprio lo scorso anno da parte di agro-biologi che consideravano le relazioni esistenti tra temperatura e produzione di cereali, e mostravano che per ogni grado in più nella temperatura dobbiamo prevedere un calo del 10% nella produzione dei cereali: grano, riso e mais. Quindi, se guardiamo alle proiezioni dell'aumento delle temperature e consideriamo che gli agricoltori adesso sul terreno stanno affrontando la
prospettiva di temperature più alte rispetto a qualsiasi altra generazione
di agricoltori da quando l'agricoltura è iniziata, possiamo iniziare a capire che si stanno muovendo su un terreno sconosciuto.
Non ci siamo mai trovati in una situazione simile fino ad ora. Stiamo iniziando a parlare di aumento delle temperature, stiamo iniziando a vedere gli effetti delle alte temperature sulla
produzione in regioni particolari del mondo.
(segue)

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giovedì 5 giugno 2008

L'INSOPPORTABILE CASTA DELLA FAO (2)


RISOTTO, MOUSSE E PINOT GRIGIO. L'ABBUFFATA CONTRO LA FAME

di Barbara Romano

Vol au vent alla mozzarella, crema di gamberetti, ragôut de veau e mousse in tutte le salse: al formaggio e al limone con sciroppo di lampone. I capi di Stato e i vertici della Fao riuniti ieri a Roma non riescono a risolvere il problema della fame nel mondo da decenni, ma questo non rovina il loro appetito né gli leva il gusto dell'abbuffata. Cinque portate, ce n'è in abbondanza per tutti: sotto a chi tocca. E pazienza se il menù stride come una bestemmia col tema chiave della kermesse. Esaurite le chiacchiere e sfilato tutto il carosello delle buone intenzioni, la fame ha iniziato a farsi sentire anche ai vertici del Pianeta, che ieri erano concentrati nella sede della Fao, in viale Aventino. E tutti i capi di Stato e di governo sono sciamati in sala da pranzo a dare requie allo stomaco, loro che possono.
Con manicaretti da grand gourmet . E pazienza se i tre quarti della popolazione mondiale non ha mai visto una sogliola neanche in cartolina. Ai big del mondo ieri la Fao offriva pasta a la crema di zucca e gamberetti come primo piatto. Introdotto da un antipasto di vol au vent con mais e mozzarella. Oggi, invece, mousse di formaggio bianco al forno, come entrée, e pasta all'insalatina di campo con pomodori pachino. Domani invece, menù all'italiana: tortine rustiche alle zucchine e risotto alla parmigiana. Alla faccia di chi la carne non la vede nemmeno di domenica, la Fao ai potenti la serve ogni giorno. Carne a volontà, di tutti i tipi e per tutti i gusti. C'era ieri: involtini di vitella con pachino. C'è oggi: straccetti di manzo. Ci sarà domani: stufato di vitellone alle verdurine (piselli e carote). Con supplemento di contorno: patate fritte. Un piatto alla Mc Donald's, si dirà, che chiunque può permettersi. Ma vuoi mettere le pommes de terre sautées? Contorno anche ieri e oggi, ovviamente. E burro a go-go: epinards à la romaine , che è un modo chic di dire spinaci burro e parmigiano. E fagiolini al burro. Mentre il prezzo degli alimentari nei Paesi poveri è spinto all'insù dall'uso dei cereali per la produzione di biocarburanti, i grandi della Terra pontificano satolli sulla fame del mondo, a spese della Fao, cioè degli Stati che la finanziano. Ogni giorno cinque portate: antipasto, primo, secondo, contorno e dolce, naturalmente. Milioni di bambini nel mondo non sanno nemmeno cosa vuol dire la parola dessert. Ma di certo ieri non mancava sulla tavola dei big intercontinentali. Ai poveri del mondo la Fao consiglia di sfamarsi con gli insetti, ma ai loro presidenti offre Salad de fruit , versione francese della macedonia, che è stata servita con palline di gelato alla vaniglia. Ananas al gelato è la variante di oggi. Mentre domani il menù prevede come dessert mousse au citron avec sauce aux framboise (mousse al limone con sciroppo di lamponi). Il tutto innaffiato da vini di qualità. Ogni giorno un vino diverso. Ieri bianco: Orvieto classico Poggio Calvelli del 2005. Oggi nero D'Avola 05 Cabernet Altavilla della Corte. Domani Pinot grigio Trentino del 2007.
Prima di sedersi a tavola, ha fatto scalpore il divieto di accesso al vertice Fao imposto ad Ahmad Rafat, vicedirettore di Aki-Adnkronos international. Al giornalista ieri è stato fisicamente impedito l'accesso al palazzo Fao come «persona non gradita», con il ritiro dell'accredito e del pass. Molto probabilmente Rafat, che è anche membro dell'esecutivo di "Information, Safety & Freedom" (un'associazione italiana che si occupa di libertà di informazione in tutto il mondo), sconta il duro appello lanciato nei giorni scorsi affinché sia ricordato ovunque che in Iran è in atto una feroce repressione dei diritti umani e civili. Alla sua richiesta di spiegazioni, l'addetto alla sicurezza gli ha detto che la sua presenza non era gradita «per qualche delegazione», senza voler precisare quale. Stando ad alcune voci raccolte dal vicedirettore dell'Adnkronos international, la sua presenza non sarebbe stata gradita alla conferenza stampa del presidente iraniano. «Se fosse vero», protesta Rafat, «non è ammissibile che Ahmadinejad possa dettare legge in Italia».

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L'INSOPPORTABILE CASTA DELLA FAO


I Capi di Stato ed i vertici della Food and Agriculture Organization (FAO) sono riuniti in assemblea plenaria per far fronte all'attuale emergenza alimentare (ampiamente prevista da Lester Brown già alla fine del 2005 in un articolo che presto pubblicheremo sul blog) che ha acuito ed esteso l'annoso ed irrisolto (dalla FAO...) problema della fame del mondo.
Ma questo non rovina il loro appetito né gli leva il gusto dell'abbuffata: risotto, mousse e Pinot grigio. E si dorme nella stanza reale del Parco dei principi...
La FAO è uno dei tanti carrozzoni targati Nazioni Unite, agenzia con sede a Roma dal 1951 e nata nel 1945 con il nobile scopo "di aiutare ad accrescere i livelli di nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale. La FAO lavora al servizio dei suoi paesi membri per ridurre la fame cronica e sviluppare in tutto il mondo i settori dell’alimentazione e dell’agricoltura".
Peccato che nei sui 63 anni di vita questo organismo non sia riuscito a risolvere un bel niente, ma nel compenso è diventata una vera e propria casta di privilegiati, migliaia di suoi dipendenti che, in Italia, conducono vite da sogno alla faccia di quelli che dovrebbero aiutare.
Proponiamo, a riguardo, due articoli pubblicati ieri sul quotidiano
LIBERO:
SUITE A CINQUE STELLE PER COMBATTERE LA POVERTA'


di Francesco Ruggeri

Se la FAO non esistesse, ogni anno 1.188.493 persone eviterebbero la morte per fame. Tanti sono infatti gli individui che potrebbero campare, con almeno 1 dollaro al giorno per 12 mesi, ove i 433.8 milioni del budget annuale della Food and Agricolture Organization andassero ai bisognosi, invece che alimentare questo inutile ente dell'Onu. Moltiplicato per i suoi 63 anni di esistenza, gli individui sulla coscienza della FAO sfiorerebbero i 75 milioni.
In compenso migliaia di professional dell'agenzia continuano a condurre una vita da sogno, coccolati in una babele di sprechi e privilegi a spese dei Paesi donatori e di quello ospitante, cui spetta il conto della logistica: l'Italia. Fedeli al vero motto del carrozzone umanitario. Non "Food for all" ma "Food for Fao".
A CHE SERVE LA FAO
Qual è il più grande organismo per gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite con sede a Roma? La risposta pare scontata: la FAO. Invece no. L'agenzia in prima linea nella lotta contro la fame è il World Food Program, basato sempre nella capitale (via Viola). Esso dispone del doppio dei dipendenti FAO (8000 contro 4000), e di un budget annuale 7 volte tanto (2.9 mld $). Alimenta 73 milioni di persone in 78 Paesi. Mentre la mission della FAO è in sostanza informare sui bisogni della popolazione. Una specie di enorme ufficio studi, di cui il Wfp non è l'unico clone. Anche in campo agricolo esiste un'agenzia specializzata dell'Onu, l'Ifad, che raccoglie fondi per i contadini denutriti. E ha un bilancio pari a un terzo di quello FAO. La sede? Ancora Roma, via Del Serafico.
DUTY FREE
Che ci fanno casse di Champagne, delicatessen, capi firmati e profumi alla page nei sotterranei del quartier generale FAO alle Terme di Caracalla, tra i poster di africani morenti? Sono solo una parte dei prodotti offerti a prezzi super-politici ai 400 dirigenti, nel market "Commissary" situato al livello -1. Lo spaccio, in virtù dell'extraterritorialità, sarebbe riservato ai diplomatici. Ma lo scambio di tessere è pratica comune. Come il reselling. Completano il carnet per i 2500 impiegati la boutique al ground floor (con sconti del 40% e schiccherie senza marchio FAO), un distributore interno con benzina sottocosto, una banca, un presidio medico con ambulanza, una fermata "privata" del metrò.
CURA DIMAGRANTE
Già nel '94 il neo direttore Diouf lanciò la "grande riforma" per ridurre i mostruosi costi dei dipendenti. Un esercito di consulenti, collaboratori, personale a contratto e associato, diviso tra infiniti comitati, sezioni e sottosezioni. Con quote fisse riservate senza merito agli originari di culture dalla scarsa produttività. Ciò che non cala mai sono però gli stipendi. Un archivista di basso livello (P1) guadagna come il manager di una media azienda. Coordinatori P3 e Senior commodity specialist sopra i 100.000 euro. Nel 2007 Diouf ha rilanciato l'inefficace riforma con le stesse parole di 13 anni prima. Creando la paradossale figura del controllore dei controllori.
LA FABBRICA DEL DUOMO
I lavori dentro le sedi FAO non finiscono mai. Pareti, pavimenti, mense, negozi, sale conferenza, sistemi elettrici, strumenti informatica e video. Tutto è in perenne rifacimento. Gli appalti se li aggiudicano le solite aziende amiche. Ma certamente sarà un caso. A far la parte del leone nel bilancio dei donors, le voci Amministrazione e strutture, Politiche direttive ed Emolumenti, che da sole si mangiano quasi due terzi del budget. Tanto paga Pantalone. Alla cooperazione sul campo restano le briciole.
GRAND HOTEL
Per i delegati dei Paesi poveri il Food Summit nella città eterna è una vacanza pagata a 5 stelle. Verranno pure a chiedere l'elemosina, ma per farlo si piazzano financo nella suite reale dell'Hotel Parco dei principi. Dove dispongono dello stretto necessario: salone privato da 200 mq, 2 cucine autonome per pranzi luculliani, idromassaggio e bagno turco computerizzati, tigri in bronzo in scala reale, lampadari d'oro e stoviglie d'argento.
PRIVILEGIATI PER LEGGE
In virtù dei passaporti diplomatici i dipendenti FAO possono acquistare le auto più prestigiose dai concessionari romani col 40% di sconto e assicurarle per un tozzo di pane. Sono immuni dalle multe e godono di un regime esent-iva anche su arredi e beni di consumo. La "Casa Gazette" è zeppa di annunci merceologici col marchio Diplomat sales o Trattamenti speciali FAO. Lo consente l'art. 13 dell'accordo Italia FAO del 1951, che equipara l'esenzione fiscale dei funzionari a quella dei diplomatici d'ambasciata in tempi di guerra. Una nota interpretativa dell'allora ministro Andreotti estese nell'86 i privilegi pure agli italiani in servizio alla FAO.
SCUOLE VIP E CORSI
Ai figli dei dipendenti l'agenzia paga collegi per super-ricchi da 12.000 euro l'anno, a un passo dal Colosseo. Ad esempio sulle rette di frequenza del St. Stephen's di via Aventina, mamma FAO rimborsava il 75% della retta. Ad attendere i pargoli un campus di tre acri in stile Usa, con campi da tennis, spazi per danza e pattinaggio su ghiaccio, art studios e mediacenter. La FAO Coop, inoltre, organizza per i dipendenti più di 50 corsi, dal tango allo yoga, dalla dama al golf. Per i saggi finali li porta al Carnevale di Viareggio. Due le palestre interne. Ma i più gettonati sono i corsi di teatro: agli appassionati del palcoscenico si insegna il metodo FeldenKrais.
ERGONOMICA
Lavorare stanca, specie al computer. Per le schiene dei cari dipendenti la FAO crea un dipartimento onde studiare postazioni più comode.
SUD-SUD COOPERATION
Quando i fondi anti povertà si perdono in mille sprechi, in FAO girano il conto agli stessi Paesi da assistere. Finanziando l'avvio del progetto per poi lasciare l'onere a un altro Paese del 3° mondo un filo meno in crisi, ma a sua volta beneficiario delle campagne di donazione. Geniale.
TURISMO D'ÉLITE
Fra gli stati "assistiti" figurano anche i 33 membri del Sids, i "Microstati isolani in via di sviluppo", tra cui, udite, udite, Bahamas, Maldive, Seychelles, Barbados, Mauritius, Fiji, e l'emirato del Bahrein. Peccato che in questi paradisi oltre a non esserci la fame non c'è neppure l'agricoltura. E gli Ogm? Se vi si ricorresse in modo massiccio la fame nel mondo sparirebbe. Ecco perchè la priorità della FAO è rammentarne ai governi i presunti rischi. Ma l'etica non si mangia.

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